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Diabete, benefici duraturi da farmaco antiipertensivo

Verapamil, farmaco per il trattamento dell’ipertensione, porta a benefici che durano almeno due anni, nel trattamento del diabete di tipo 1

Il verapamil, farmaco calcio-antagonista impiegato nel trattamento dell’ipertensione, porta a benefici che durano almeno due anni, nel trattamento del diabete di tipo 1. Lo dimostra uno studio pubblicato su Nature Communications. Il diabete di tipo 1 è una malattia autoimmune che provoca la perdita di cellule beta pancreatiche, che producono insulina endogena. Per sostituirlo, i pazienti devono assumere insulina esogena per iniezione o pompaggio. Non esiste attualmente un trattamento orale per questa malattia. Il suggerimento che il verapamil potrebbe fungere da potenziale farmaco per il diabete di tipo 1 è stata la scoperta del leader dello studio Anath Shalev, direttore del Comprehensive Diabetes Center presso l’Università dell’Alabama a Birmingham.

Il verapamil aumenta cellule beta e limita il bisogno di insulina

Nel 2014, il laboratorio di ricerca di Shalev ha riferito che il verapamil ha completamente invertito il diabete nei modelli animali e ha annunciato l’intenzione di testare gli effetti del farmaco in una sperimentazione clinica sull’uomo, avvenuta nel 2018. Quest’ultima ha mostrato che la regolare somministrazione orale di verapamil, per un anno, ha consentito ai pazienti di produrre livelli più elevati della propria insulina, limitando così il bisogno di insulina iniettata per regolare i livelli di zucchero nel sangue. L’attuale studio estende questa scoperta e fornisce approfondimenti meccanicistici e clinici cruciali sugli effetti benefici del verapamil nel diabete di tipo 1, utilizzando l’analisi proteomica e il sequenziamento dell’RNA.

La cromogranina A influenza l’integrità delle cellule beta

Per esaminare i cambiamenti nelle proteine circolanti in risposta al trattamento con verapamil, i ricercatori hanno utilizzato la cromatografia liquida e la spettrometria di massa su campioni di siero di sangue da soggetti con diabete di tipo 1, entro tre mesi dalla diagnosi e ad un anno dal follow-up. La principale proteina sierica alterata dal trattamento con verapamil era la cromogranina A, o CHGA, che è stata sotto-regolata con il trattamento. La CHGA è localizzata nei granuli secretori, compresi quelli delle cellule beta pancreatiche, suggerendo che i livelli modificati di CHGA potrebbero riflettere alterazioni nell’integrità delle cellule beta. Si è osservato che i livelli sierici di CHGA nei volontari sani e non diabetici erano circa due volte inferiori rispetto ai soggetti con diabete di tipo 1 e, dopo un anno di trattamento con verapamil, i soggetti diabetici avevano livelli di CHGA simili rispetto ai soggetti sani. Nel secondo anno, i livelli di CHGA continuavano a diminuire nei soggetti trattati, ma sono aumentati nei soggetti con diabete di tipo 1 che hanno interrotto la terapia durante il secondo anno.

CHGA marker longitudinale per il diabete di tipo 1

“Il CHGA sierico sembra riflettere i cambiamenti nella funzione delle cellule beta in risposta al trattamento con verapamil o alla progressione del diabete di tipo 1 e quindi può fornire un indicatore longitudinale del successo del trattamento o del peggioramento della malattia”, ha affermato Shalev. “Ciò risponderebbe a un’esigenza critica, poiché la mancanza di un semplice marker longitudinale è stata una sfida importante nel campo del diabete di tipo 1”. Il verapamil riduce lo stato pro-infiammatorio, caratteristico del diabete di tipo 1. I risultati mostrano, inoltre, che il trattamento con verapamil può modulare alcune citochine pro-infiammatorie circolanti, che a loro volta possono contribuire agli effetti benefici complessivi osservati clinicamente. In particolare, i ricercatori hanno scoperto che diversi marcatori pro-infiammatori delle cellule helper follicolari T, tra cui CXCR5 e interleuchina 21, erano significativamente elevati nei monociti dei soggetti con diabete di tipo 1, rispetto ai controlli sani, e che questi cambiamenti sono stati invertiti dal trattamento con verapamil.

Influenza l’espressione di alcuni geni

Infine, per valutare i cambiamenti nell’espressione genica, è stato eseguito il sequenziamento dell’RNA di campioni di isole pancreatiche umane esposti al glucosio, con o senza verapamil. L’analisi di questi geni ha mostrato che il verapamil regola il sistema della tioredossina , e promuove un profilo di espressione genica antiossidante, anti-apoptotico e immunomodulatore nelle isole pancreatiche. Tali cambiamenti protettivi potrebbero spiegare ulteriormente i miglioramenti sostenuti nella funzione delle cellule beta pancreatiche osservati con l’uso continuo di verapamil.

Tesi promettente da avvalorare con studi più ampi

In conclusione, gli autori affermano che “negli esseri umani con diabete di tipo 1, è stato dimostrato che anche una piccola quantità di produzione endogena di insulina, in contrapposizione a una maggiore richiesta di insulina esogena, è associata a risultati migliori e potrebbe aiutare a migliorare la qualità della vita dei pazienti e ridurre gli alti costi sanitari. II fatto che gli effetti benefici del verapamil persistono per due anni, mentre l’interruzione ha portato alla progressione della malattia, fornisce una tesi promettente che tale farmaco potrebbe esser utile per il trattamento a lungo termine nel diabete di tipo 1”. Gli autori avvertono che il loro studio, con un basso numero di soggetti, deve essere comunque confermato da studi clinici più ampi, come quello europeo, ancora in corso.

Articolo pubblicato su Farmacista33

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